Carla è la figlia minore della vedova Dondi, donna della più piccola borghesia che fa pantofole per sostenere il magro bilancio famigliare.
La ragazza viene iscritta ad una scuola di formazione professionale per dattilografe. A scuola fa quello che deve fare, senza una vera passione o una convinta determinazione. In testa ha altri pensieri, altri sogni e un gran paura di buttarsi nella mischia.
Finita la scuola Carla trova lavoro presso la Transocean Limited Import Export Company, piccola ditta in piazza del Duomo. La dirige il misterioso signor Praték, che non sembra avere grandi riguardi per i suoi dipendenti e che addirittura fa delle esplicite avances alla povera Carla. La quale scappa inorridita dalla mamma per dirle che non vuole più sapere di quel lavoro.
Ma la madre le fa dice chiaramente che trovare un lavoro non è facile di questi tempi, e la figlia non può permettersi di perderlo. La storia si chiude con Carla pronta ad affrontare una nuova giornata di lavoro, sospesa tra rifiuto della società e apertura verso la vita.
Il poema nasce dalla forte impressione che la metropoli suscitò nel romagnolo Pagliarani, approdato diciottenne a Milano nell’immediato dopoguerra. In un primo momento pensò di scrivere un soggetto da affidare a De Sica e Zavattini (sono gli anni di Sciuscià e Ladri di Biciclette), poi elaborò nel corso di un decennio il poema che fu pubblicato dapprima da Vittorini sul Menabò alla fine degli anni Cinquanta. Il film spera di realizzare l’ambizione del ragazzo Pagliarani.
Milano è ben più di un’avventura dello spirito: è il nostro tempo ambiente, la condizione attuale,
di volta in volta accettata o combattuta, testimoniata pagando sempre di persona.
Elio Pagliarani.